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Il Temperamento: Un viaggio dalle origini all'influenza prenatale

29/04/2025 08:11

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Il Temperamento: Un viaggio dalle origini all'influenza prenatale

La fase prenatale, questo periodo, come sottolinea Glover (2011), è di straordinaria vulnerabilità per lo sviluppo del sistema nervoso del feto.

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Immagina un viaggio affascinante alla scoperta di ciò che ci rende unici, di quelle sfumature individuali che chiamiamo temperamento. Un viaggio che, come sottolinea Strelau (1998), affonda le sue radici nell'antica Grecia, con Ippocrate e Galeno che per primi abbozzarono delle categorie basate sugli "umori" corporei. Certo, la fisiologia di allora è superata, ma l'intuizione di una variabilità innata nelle nostre disposizioni emotive e comportamentali ha resistito al tempo.

 

Poi, la psicologia ha cercato di dare una forma più precisa a questo concetto. Penso agli studi pionieristici di Allport e Allport (1921) o al lavoro di Buss e Plomin (1984) che, attraverso questionari e analisi, hanno identificato dimensioni fondamentali del temperamento come l'attività, l'emozionalità e la socievolezza. Questi studi ci hanno fatto capire che il temperamento si manifesta presto nella vita e mostra una certa stabilità, suggerendo una forte componente biologica.

 

Ma è con l'avvento delle neuroscienze che il nostro viaggio si è fatto ancora più entusiasmante. Tecniche come l'EEG e la fMRI ci hanno permesso di sbirciare nel cervello e di correlare specifiche attività neurali con le diverse sfaccettature del temperamento. Ad esempio, Davidson (2000) ha mostrato come l'amigdala, quella piccola centralina delle emozioni, reagisca in modo diverso in persone con alta emotività negativa. E Rothbart e Derryberry (2000) ci hanno illuminato sul ruolo della corteccia prefrontale nella nostra capacità di autoregolarci.

 

Parallelamente, la neurochimica ha svelato il ruolo dei messaggeri chimici del cervello. Sistemi come quello dopaminergico, legato al piacere e alla motivazione, e quello serotoninergico, cruciale per l'umore e l'impulsività, sono stati associati alle nostre tendenze comportamentali individuali, come ben descritto da Cloninger (1987).

 

E poi, ecco l'epigenetica, una vera e propria rivoluzione nel nostro modo di capire il temperamento. Meaney (2001) è stato un pioniere nel mostrarci come l'ambiente precoce possa lasciare un'impronta sui nostri geni, non alterando la sequenza del DNA, ma modificandone l'espressione. Immagina che il nostro patrimonio genetico sia una partitura musicale: l'epigenetica è come il direttore d'orchestra che decide quali strumenti suonare più forte o più piano, influenzando così la "melodia" del nostro temperamento. Studi sui gemelli, come quelli citati in Plomin et al. (2016), ci mostrano come, pur avendo lo stesso DNA, possano svilupparsi differenze temperamentali, suggerendo proprio il ruolo di questi fattori ambientali ed epigenetici unici.

 

Ora, spostiamo il nostro focus su una fase particolarmente delicata: la fase prenatale. Questo periodo, come sottolinea Glover (2011), è di straordinaria vulnerabilità per lo sviluppo del sistema nervoso del feto. Eventi avversi durante la gravidanza possono avere un impatto a cascata, influenzando non solo la salute fisica, ma anche la predisposizione temperamentale del bambino.

 

Pensiamo alla storia di Anna. Durante la sua gravidanza, ha dovuto affrontare un periodo di forte stress lavorativo, con scadenze pressanti e un ambiente teso. Questo stress cronico ha portato a un aumento dei suoi livelli di cortisolo, l'ormone dello stress, che, come ci spiega Weinstock (2005), può attraversare la placenta e influenzare lo sviluppo dell'asse HPA del bambino. Il piccolo Marco, figlio di Anna, fin dai primi mesi si è dimostrato più irritabile e con maggiori difficoltà a calmarsi rispetto ad altri neonati. Studi come quello di Braithwaite et al. (2013) supportano l'idea che l'ansia materna prenatale possa essere associata a problemi emotivi e comportamentali nei primi anni di vita. Forse, l'esperienza di stress di Anna ha "programmato" il sistema di risposta allo stress di Marco rendendolo più reattivo.

 

Ma non è solo lo stress materno a poter lasciare un segno. Immagina la storia di Sara. Durante la gravidanza, a causa di una infezione, ha dovuto assumere farmaci specifici. Sappiamo che l'esposizione a tossine e farmaci in utero può interferire con il normale sviluppo cerebrale del feto, come evidenziato da Rice et al. (2010). La sua bambina, Giulia, ha manifestato fin da piccola una maggiore impulsività e difficoltà a concentrarsi. Queste difficoltà potrebbero essere, almeno in parte, collegate all'esposizione prenatale, che può aver influenzato regioni cerebrali cruciali per la regolazione del comportamento, come la corteccia prefrontale.

 

Se ti riconosci nelle storie di Anna o Sara, se stai vivendo o hai vissuto stress significativo o eventi avversi durante la gravidanza e sei preoccupata per il tuo benessere emotivo o per lo sviluppo del tuo bambino, non esitare a cercare supporto. L'Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia (AIPC) offre ascolto, consulenza e orientamento per affrontare queste delicate fasi della vita. Contattare l'AIPC può essere un primo passo importante per te e per il futuro del tuo bambino. Non sei sola, siamo qui per aiutarti.

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L'epigenetica, ancora una volta, ci offre una chiave di lettura importante. Le esperienze di Anna e Sara durante la gravidanza potrebbero aver indotto modificazioni epigenetiche nel DNA dei loro bambini, alterando l'espressione di geni coinvolti nello sviluppo del sistema nervoso e nella risposta allo stress, come suggerito da Oberlander et al. (2008). Queste modificazioni possono persistere nel tempo, rendendo Marco e Giulia potenzialmente più sensibili allo stress ambientale anche dopo la nascita.

 

È fondamentale, però, sottolineare che l'impatto di queste esperienze avverse non è un destino segnato. Come ci ricorda Rutter (2006), ci sono fattori protettivi importanti. Il supporto sociale che Anna potrebbe aver ricevuto dopo la nascita di Marco, o la presenza di un ambiente familiare stabile e affettuoso per Giulia, possono giocare un ruolo cruciale nel modulare gli effetti delle esperienze prenatali e plasmare positivamente il loro sviluppo temperamentale.

 

In conclusione, il nostro viaggio attraverso il temperamento ci porta a comprendere una complessa interazione tra la nostra eredità biologica e le esperienze che viviamo, fin dal primissimo ambiente uterino. Le storie di Anna e Sara, seppur immaginarie, ci aiutano a visualizzare come gli eventi avversi prenatali possano lasciare un'impronta, ma anche come la resilienza e le cure postnatali possano rappresentare una forza potente nel plasmare il nostro percorso di sviluppo. La comprensione di questi meccanismi, supportata dalla ricerca neuroscientifica ed epigenetica, è essenziale per aiutarci a promuovere un sano sviluppo fin dalle prime fasi della vita.

 

Riferimenti bibliografici

  • Allport, G. W., & Allport, F. H. (1921). Personality traits: Their classification and measurement. Houghton Mifflin. (Fondamentale per la concettualizzazione dei tratti temperamentali)
  • Braithwaite, E. C., Ramchandani, P. G., Heron, J., Tilling, K., & Glover, V. (2013). Maternal antenatal anxiety and childhood emotional and behavioural problems at 3 years. Early Human Development, 89(5), 319-324. (Evidenzia il legame tra ansia materna prenatale e problemi infantili)
  • Buss, A. H., & Plomin, R. (1984). Temperament: Early developing personality traits. Lawrence Erlbaum Associates. (Un classico sullo studio del temperamento infantile)
  • Cloninger, C. R. (1987). A systematic method for clinical description and classification of personality variants. Archives of General Psychiatry, 44(6), 573-588. (Introduce un modello neurobiologico della personalità che include il temperamento)  
  • Davidson, R. J. (2000). Affective neuroscience and psychophysiology: Toward a synthesis. Psychophysiology, 37(5), 655-665. (Esplora le basi neurali delle emozioni e del temperamento)
  • Glover, V. (2011). Antenatal stress and the programming of the fetus. Early Human Development, 87(10), 723-727. (Si concentra sull'impatto dello stress prenatale sullo sviluppo)
  • Meaney, M. J. (2001). Maternal care, gene expression, and the transmission of individual differences in stress reactivity across generations. Annual Review of Neuroscience, 24(1), 1161-1192. (Un lavoro seminale sull'epigenetica e l'influenza delle cure materne)  
  • Oberlander, T. F., Plante, M. M., говорят, N., & Grunau, R. E. (2008). Prenatal glucocorticoid exposure and methylation of the glucocorticoid receptor gene in human neonates. Early Human Development, 84(7), 489-495. (Studia le modificazioni epigenetiche legate all'esposizione prenatale agli ormoni dello stress)
  • Plomin, R., DeFries, J. C., Knopik, V. S., & Neiderhiser, J. M. (2016). Behavioral genetics (7th ed.). Worth Publishers. (Un testo di riferimento sulla genetica comportamentale, inclusi gli aspetti temperamentali)
  • Rice, F., Thapar, A., Harold, G. T., & Hay, D. F. (2010). The impact of early adversity on behavioral problems from childhood to adolescence: Examining the role of gene–environment interaction. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 51(10), 1159-1167. (Analizza l'impatto delle avversità precoci sullo sviluppo comportamentale)
  • Rothbart, M. K., & Derryberry, D. (2000). Emotion, attention, and temperament. In R. D. Lane & L. Nadel (Eds.), Cognitive neuroscience of emotion (pp. 3-26). Oxford University Press. (Esplora il legame tra emozioni, attenzione e temperamento da una prospettiva neuroscientifica cognitiva)
  • Rutter, M. (2006). Genes and behavior: Nature-nurture interplay explained. Blackwell Publishing. (Un'analisi approfondita dell'interazione tra geni e ambiente nello sviluppo)
  • Strelau, J. (1998). Temperament: A psychological perspective. Plenum Press. (Offre una prospettiva psicologica completa sul temperamento)
  • Weinstock, M. (2005). The potential influence of maternal stress hormones on development and behavior of the offspring. Brain, Behavior, and Immunity, 19(4), 296-308. (Discute l'influenza potenziale degli ormoni dello stress materno sullo sviluppo del bambino)

 

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