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Un paradosso ben noto a molti genitori: gli adolescenti, pur avendo lo smartphone costantemente tra le mani, non rispondono quando squilla. Questo comportamento, fonte di frustrazione e talvolta di allarme, non è un semplice capriccio generazionale, ma il segnale di una profonda trasformazione delle norme sociali e dell'etichetta digitale.
Come spiega Anne Cordier, ricercatrice all'Università di Lorena, la riluttanza a "rispondere al telefono" svela il modo in cui i giovani gestiscono oggi le loro connessioni. Sebbene lo smartphone sia onnipresente, il suo utilizzo si è evoluto, distanziandosi da quello degli adulti.
Il Controllo sulla conversazione
Per gli adolescenti, la telefonata non è più la modalità di comunicazione predefinita. È diventata un'eccezione, riservata a emergenze, momenti di crisi o richieste di conforto immediato. In tutti gli altri casi, la comunicazione scritta—che si tratti di SMS, messaggi vocali o chat su Instagram e Snapchat—è la norma.
La ragione non è la pigrizia, ma il bisogno di controllo. Rispondere a una chiamata significa essere disponibili qui e ora, senza filtri né tempo per riflettere. Questa immediatezza è spesso percepita come stressante: si ha paura di balbettare, di dire troppo o troppo poco, di essere colti alla sprovvista. La comunicazione scritta, al contrario, permette di ponderare, modificare e gestire lo scambio secondo i propri tempi.
"Non ho la forza di rispondere a una raffica di domande. Preferisco mandargli un messaggio dopo", confida Maria, 19 anni, parlando delle chiamate del padre. Questa reazione non è un rifiuto, ma un bisogno di gestire lo scambio secondo le proprie risorse emotive del momento. Il telefono, paradossalmente, diventa uno strumento per evitare di parlare, o meglio, per decidere quando e come far entrare la voce dell'altro.
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Il diritto al silenzio in un mondo iperconnesso
In un'epoca in cui ci si aspetta una reperibilità costante, non rispondere è diventato per gli adolescenti un modo per stabilire dei confini. È una strategia deliberata per disconnettersi, un diritto da difendere per proteggere il proprio spazio mentale.
"A volte lascio il telefono in modalità silenziosa di proposito. In questo modo posso avere un po' di pace", afferma Maria, 19 anni.
“Il silenzio stesso acquista un nuovo significato. Non è più un vuoto o una scortesia, ma una norma implicita: la disponibilità non è più data per scontata, ma va negoziata”. "I miei amici sanno che non risponderò subito", spiega Luca, 18 anni. "Prima mi mandano uno Snap, tipo 'hai voglia di una chiamata?'. Altrimenti, scordatelo".
Questo rituale evidenzia un cambio di etichetta: chiamare all'improvviso può essere percepito come un'intrusione. Informarsi prima è, invece, un segno di rispetto.
Cortesia 2.0: aggiornare le regole del gioco
Ciò che un adulto interpreta come freddezza o indifferenza è, in realtà, un'altra forma di attenzione, basata su nuovi codici. La "cortesia digitale" si è evoluta: una telefonata, un tempo gesto di premura, può oggi risultare invadente, mentre un messaggio offre la possibilità di esprimersi con più chiarezza e meno pressione.
L'empatia non è scomparsa, ma si esprime in modi diversi, più sottili e asincroni: un'emoji per comunicare uno stato d'animo, un messaggio vocale per condividere un'emozione, il rispetto dei tempi altrui.
Come colmare il divario: reinventare la connessione
Invece di vedere questo cambiamento come una crisi della comunicazione, potremmo considerarlo un'opportunità per reinventare il dialogo. Per farlo, gli adulti possono:
- Parlare apertamente: Discutere senza giudizio le preferenze di comunicazione. Molti adolescenti preferiscono i messaggi per questioni pratiche e le chiamate solo per le urgenze.
- Chiedere prima di chiamare: Un breve messaggio come "posso chiamarti?" trasforma la comunicazione da un atto di pretesa a uno di disponibilità condivisa.
- Accettare il silenzio: Non vedere in una mancata risposta immediata un rifiuto, ma un modo per l'altro di prendersi il proprio tempo e spazio.
- Esplorare nuove forme di affetto: Un'emoji, una foto o un breve messaggio possono avere lo stesso valore di una telefonata.
Colmare il divario generazionale non significa tornare indietro, ma imparare a comprendere i codici e i bisogni reciproci. Dopotutto, ciò che gli adolescenti ci chiedono non è di comunicare di meno, ma di comunicare meglio.
Se ti riconosci in queste dinamiche e i continui rimproveri per le chiamate senza risposta stanno diventando un peso, generando ansia o malessere, ricorda che non sei solo/a. A volte, la difficoltà nel comunicare nasconde un disagio più profondo che merita di essere ascoltato.
Parlare con un esperto può aiutarti a gestire la pressione e a trovare nuove strategie per affrontare i conflitti in famiglia. Se senti il bisogno di un supporto, puoi rivolgerti al Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR).
Per maggiori informazioni o per prenotare un colloquio, puoi contattarci:
Email: aipcitalia@gmail.com
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Sito di riferimento: www.associazioneitalianadipsicologiaecriminologia.it
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