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Il 12 giugno 2025, una data significativa per la capitale, si è tenuto un evento cruciale nella lotta alla violenza: il primo incontro di aggiornamento professionale, frutto della preziosa collaborazione tra la Questura di Roma e l'Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia (AIPC).
Dalle 09:30 alle 12:30, questo appuntamento ha segnato l'apertura del I ciclo di formazione dedicato a tutti i Commissariati di Roma, un'iniziativa ambiziosa e necessaria per potenziare le competenze degli operatori in prima linea. Al primo incontro hanno partecipato dieci operatori provenienti dagli VIII Commissariati, un numero che testimonia l'impegno concreto delle forze dell'ordine e la crescente consapevolezza dell'importanza di un approccio specializzato e aggiornato al tema della violenza.
Questo evento rappresenta un tassello fondamentale nel rafforzamento della rete di protezione e intervento sul territorio romano, garantendo che chi opera sul campo sia sempre più preparato a riconoscere, affrontare e gestire le complesse dinamiche della violenza.
Le Voci degli Operatori: La Violenza tra Esperienza, Empatia e Scienza
Durante il primo cruciale incontro di aggiornamento professionale a Roma, guidato dal Dott. Massimo Lattanzi, gli operatori dei Commissariati hanno condiviso le loro profonde esperienze e riflessioni sulla violenza, offrendo uno spaccato autentico delle sfide che affrontano quotidianamente. I loro contributi non sono stati solo testimonianze, ma vere e proprie istantanee di una realtà complessa, ricca di sfumature psicologiche e sociali.
La Violenza: Un Fenomeno Dalle Molteplici Facce
Le voci degli operatori hanno dipinto la violenza come un fenomeno multifattoriale, lontano da una definizione univoca. Hanno espresso punti di vista che si intersecano con le più moderne teorie psicocriminologiche:
- Violenza come tratto innato o comunicazione distorta: Alcuni l'hanno descritta come un "aspetto caratteriale innato", suggerendo una predisposizione biologica o temperamentale. Altri l'hanno vista come un "modo errato di entrare in rapporto con il prossimo", una "forma di comunicazione distorta". Questa prospettiva è illuminante: la violenza non è solo un atto fisico, ma spesso un tentativo disfunzionale di comunicare un bisogno, una frustrazione o un desiderio di controllo, quando altre strategie relazionali sono assenti o fallimentari.
- Imposizione e subire: L'affermazione "È una imposizione da parte dell'autore e un subire da parte della vittima" sottolinea la dinamica di potere intrinseca alla violenza. È un'azione unilaterale che priva la vittima della sua agenzia e libertà.
- "Essere sordi" e la "manifestazione di un male di essere": La riflessione "Violenza vuol dire 'essere sordi e alle volte capita anche a me'" rivela una profonda autoanalisi da parte dell'operatore, riconoscendo la difficoltà universale nell'ascolto autentico, che può portare a incomprensioni e frustrazioni. "Manifestazione di un male di essere" è una frase potente che suggerisce come la violenza possa essere l'espressione esterna di un disagio interiore profondo, di un malessere psicologico o emotivo non risolto.
- Il Ruolo del Contesto Familiare e Sociale e la Trasmissione Generazionale: È stata fortemente sottolineata l'influenza dell'"ambiente sociale e familiare come modello di riferimento per la risposta agli stimoli esterni". Questo è un punto cruciale: la violenza non si manifesta in un vuoto, ma è spesso appresa e modellata all'interno dei contesti più significativi. La drammatica consapevolezza che "Questi aspetti vengono tramandati di generazione in generazione" evidenzia la necessità di interrompere questi cicli intergenerazionali di violenza, un obiettivo primario per la psicotraumatologia relazionale. Le famiglie disfunzionali non sono solo contesti di sofferenza, ma veri e propri "nodi di trasmissione di modalità disfunzionali sociali".
Leggi l'articolo pubblicato su modernews dal titolo: Un Faro nella Tempesta: Intervista all’Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia (AIPC) e al Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR)
La Sfida dell'Empatia e la Frustrazione degli Operatori
Uno degli aspetti più sentiti e complessi emersi dalla discussione riguarda la difficile gestione dell'empatia nel rapporto con le vittime:
- Il dilemma empatico: "Difficile non entrare in empatia con la presunta vittima che viene a denunciare, ma consapevolezza della possibilità che questa menta portando a una frustrazione da parte dell'operatore." Questo punto evidenzia la tensione costante tra il naturale desiderio di sostegno e la necessità professionale di obiettività. L'operatore si trova in un delicato equilibrio, cercando di offrire supporto emotivo pur mantenendo un distacco critico per valutare la veridicità delle dichiarazioni. La possibilità di false denunce o di ritrattazioni può generare una profonda frustrazione, un "trauma vicario" o stress secondario per chi si impegna a fondo.
- Il rischio di superare il limite professionale: Il commento che il rapporto da professionale (poliziotto-vittima) diventi "amica-amica" e che l'operatore definisca tali vittime come "amiche" è estremamente significativo. Suggerisce un rischio di confine permeabile tra il ruolo professionale e il coinvolgimento personale. Sebbene l'empatia sia essenziale, un'eccessiva identificazione può compromettere l'obiettività, la capacità di agire in modo efficace e, paradossalmente, la stessa autonomia e capacità di ripresa della vittima. È un segnale della forte pressione emotiva e della necessità di supervisione e supporto psicologico per gli operatori.
Formazione, Protocolli e il Ruolo della Scienza
Dalle difficoltà espresse, è emersa una chiara richiesta di supporto:
Necessità di formazione e protocolli: "Necessità di essere formati maggiormente e di protocolli diversi per accelerare le cose nel sistema." Questa è una richiesta diretta e fondamentale. Gli operatori sul campo sentono il bisogno di strumenti più efficaci e procedure più snelle per rispondere tempestivamente ed efficacemente ai casi di violenza. Una formazione continua e protocolli chiari possono ridurre la frustrazione, aumentare l'efficacia degli interventi e garantire una risposta più uniforme e qualificata.
La discussione ha poi virato sulla violenza sessuale, evidenziando le differenze di genere nella percezione di questa. Ciò indica una consapevolezza che la violenza non è un monolite, ma si manifesta con dinamiche e percezioni diverse a seconda del genere della vittima e dell'autore, un aspetto che necessita di approfondimenti specifici e sensibilità culturale.
Il Biofeedback e l'Epigenetica: Strumenti per una Comprensione Profonda
La presentazione del biofeedback ha aperto nuove prospettive. Questo strumento è stato discusso per la sua importanza nella comprensione degli autori e delle vittime e delle caratteristiche riscontrate. Il biofeedback, come strumento di misurazione fisiologica, può fornire dati oggettivi sulle reazioni di stress, rabbia o distacco emotivo, complementando le valutazioni psicologiche tradizionali. Permette di "vedere" le risposte corporee che sfuggono alla consapevolezza, sia negli aggressori (ad esempio, una tensione cronica anche in assenza di esplosioni) che nelle vittime (pattern di disregolazione emotiva).
Infine, la conversazione è tornata sul tema cruciale della famiglia come "nodo di trasmissione di modalità disfunzionali sociali", collegata all'epigenetica. Questo è un concetto di frontiera: l'epigenetica suggerisce che le esperienze traumatiche (e non solo) possono influenzare l'espressione dei geni nelle generazioni successive, anche senza alterare il DNA. Questo rafforza l'idea che i traumi relazionali possano avere un impatto che trascende la singola vita, permeando le dinamiche familiari e sociali attraverso meccanismi biologici ed emotivi complessi. La "necessità da parte dei figli di interrompere una trasmissione generazionale lavorando su sé stessi" è un appello potente alla resilienza e alla responsabilità individuale, un messaggio di speranza che sottolinea come, anche di fronte a un'eredità di traumi, sia possibile avviare un percorso di cambiamento e interruzione del ciclo.
In conclusione, questo incontro ha evidenziato non solo le sfide operative, ma anche la profonda consapevolezza e la sete di conoscenza degli operatori, che cercano risposte complesse a fenomeni complessi. La sinergia tra esperienza sul campo e approccio scientifico, come quello promosso dall'AIPC e dal CIPR, è la strada maestra per un'azione più efficace e una prevenzione più mirata.
Agisci Subito: Prevenire la Violenza è Possibile
Non ignorate mai i primi segnali di violenza: scatti d'ira, controllo, manipolazioni. Sono campanelli d'allarme che richiedono azione immediata. Non aspettate, il silenzio peggiora solo le cose.
Il Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale (CIPR) dell'AIPC è specializzato nella prevenzione e nel trattamento scientifico della violenza. La nostra competenza si basa sul Protocollo A.S.V.S. per valutare le radici della violenza, spesso legate a traumi e disregolazione emotiva.
Perché intervenire è cruciale? Perché comprendere come il nostro corpo e la nostra mente reagiscono allo stress è fondamentale per prevenire atti gravi e ridurre la recidiva. Il CIPR offre un percorso basato su evidenze scientifiche.
A chi rivolgersi? Se notate i primi segnali o avete un dubbio, contattate senza esitazione il Centro Italiano di Psicotraumatologia Relazionale. Non siete soli.
Ci trovate a Pescara e a Roma. Potete contattarci via:
- Email: aipcitalia@gmail.com
- Telefono: 3924401930
- Sito Web: www.associazioneitalianadipsicologiaecriminologia.it
Grazie per la vostra attenzione e il vostro impegno in un tema così importante.